Comunicato Stampa - 16 gennaio 2007

In risposta a Franzin

Il Comitato Mura non ha un particolare amore per la polemica, in special modo quando è sterile o interessata. Anche la scorsa settimana, nello smentire di aver firmato la richiesta d’istituzione dell'Opera delle Mura, abbiamo sottolineato che non avevamo intenzione di polemizzare, cioè di cavillare sulle ragioni per cui qualcuno poteva aver usato la nostra firma senza autorizzazione.
Ora però Elio Franzin ci costringe ad abbandonare la nostra abituale riservatezza e a sostenere con forza che non si possono falsificare i fatti per colpire immaginari avversari o supposti concorrenti, quale che ne sia il fine, per quanto nobile.
Elio Franzin può liberamente valutare l'operato del Comitato Mura come peggio crede, può accusarlo di non avere uno stile barricadiero da sangue e arena, di non metter mano con picco e badile nei luoghi monumentali della città e, magari, di non saper coinvolgere la cittadinanza con sparate mediatiche per lo più fuorvianti o di essere inefficaci nella nostra azione verso un’Amministrazione che per lui sarebbe sempre da sollecitare o contestare con proteste o prese di posizione inoppugnabili, ma raramente con dati fondati o proposte fattive. Può anche dissentire sulla necessità di chiarire gli aspetti proprietari del sistema mura da parte dell’Amministrazione comunale. Tutte le opinioni sono degne di rispetto, ma quello che Franzin non può proprio fare è manipolare i documenti, al fine di screditare qualcuno (questa volta il Comitato Mura), riportando virgolettato un passaggio di un testo estrapolato in modo capzioso dal suo contesto, ribaltandone il significato.
Chi usa la falsificazione per sostenere le proprie idee nella tenzone politica, fosse pure la battaglia più giusta, squalifica il suo operato e danneggia la sua stessa causa, screditando anche i propri alleati.
Il Comitato Mura non può che ribadire che non ha mai approvato il progetto per il torrione Santa Giustina (e tanto meno la sua realizzazione). È vero che nella nostra relazione del luglio 2002 abbiamo condiviso “l’analisi e il conseguente progetto di conservazione” come metodologia che allora ci era stata proposta per la parte esistente, ma abbiamo anche specificato di seguito “che l’analisi dello stato attuale degli spazi ipogei non sia sufficiente a giustificare le parti di nuova costruzione. Oltre al fatto che non è culturalmente ammissibile operare aperture arbitrarie che modificano il significato del manufatto, se poi fosse confermata l’autonomia delle due casematte, non risulterebbe corretto collegare due unità nate distinte. Ci riserviamo di esprimere ulteriori giudizi dopo un sopralluogo e i necessari approfondimenti su quanto prodotto”.
Nei due anni successivi, invece, l’Amministrazione comunale non ha ritenuto di avvalersi della nostra consulenza. Solo a parole ha sostenuto che “il recupero prevede un intervento rigoroso di restauro conservativo (sic!) delle parti più antiche” come si legge a pagina 67 della pubblicazione di fine mandato La città che migliora.
La nostra contrarietà al progetto che si andava poi realizzando è stata confermata in più incontri da noi richiesti con l’Amministrazione, i progettisti e la Soprintendenza ai Beni architettonici e ambientali.
Per quanto attiene l’istituzione di una struttura finalizzata alla conservazione e alla gestione delle Mura di Padova non possiamo che essere d’accordo in via di principio, ma per quanto riguarda l’Opera delle Mura di Lucca, citata come unico rimedio, ricordiamo solo che è stata istituita nel 1999 principalmente col compito di concedere in uso gli spazi e gli immobili e di provvedere alla normale manutenzione, giacché ha ereditato un patrimonio monumentale in condizioni non comparabili con quelle padovane.

Associazione Comitato Mura di Padova


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articolo Gazzettino