S. Maria del Giglio(11 luglio 2017) - Leggendo gli articoli sull'inclusione delle opere di difesa veneziane nel Patrimonio dell’Umanità, quello che balza all’occhio non è tanto l’assenza di Padova (ma anche di Treviso), quanto il fatto che nessuno dei giornalisti ne rilevi l’assenza. Che appare clamorosa, vista l’estensione della cinta (11 km, la più estesa  ancora esistente quasi per intero, fra quelle rinascmentali), ma più ancora la sua importanza nella storia delle fortificazioni in genere (prima grande città di pianura a essere fortificata dopo l’avvento dell’artiglieria) e nel contesto del rinnovamento

delle difese venete all’indomani del cruciale confronto con le forze della Lega di Cambrai, culminato, nel 1509, negli episodi della disfatta di Agnadello e, pochi mesi più tardi, dell’assedio di Padova. Dal cui fallimento ha inizio la ricostituzione dello stato da terra veneziano, che aveva rischiato di essere cancellato dal panorama politico.

È un segno evidente della persistente sottovalutazione di Padova in quanto città murata: che, diciamolo chiaro, non è tanto un problema di ignoranza da parte dei giornalisti, o in genere degli “altri”, dei non padovani, o dei promotori stessi dell’iniziativa, che a Padova (come a Treviso) non hanno pensato, ma piuttosto di consapevolezza da parte dei padovani stessi, cittadini e amministratori, intellettuali e storici in testa, che dell’importanza e della consistenza delle mura di Padova non hanno semplicemente idea. Ciò che spiega perché Padova non si sia mossa, negli scorsi nove anni, per essere inclusa nella lista.

A nulla servirebbe dunque lamentarsi del fatto che la città sia stata ignorata dall’Unesco. Padova come città murata è ignorata dall’Italia intera, dalla stessa regione Veneto, dai suoi cittadini...

Qualcosa però sta cambiando: l’ultima amministrazione aveva finalmente colto la rilevanza della cinta fortificata nel quadro del futuro turistico-culturale della città. La nuova, appena insediata, ha anch’essa il Parco delle Mura fra i suoi obiettivi strategici, si spera anche come occasione di ripensamento urbanistico complessivo della città e, in parallelo, come ideale snodo e rete di distribuzione dei percorsi stradali, ciclabili e fluviali di ambito interregionale e internazionale.

Quando questo quadro comincerà a delinearsi in modo convinto, e infine concreto, allora si potrà riprendere il discorso dell’eventuale inclusione di Padova fra le fortezze veneziane patrimonio Unesco (i siti cosiddetti seriali lo consentono). Oppure anche scegliere di farne a meno, se verrà mandata avanti con convinzione la candidatura come “città dell’affresco” e l'inclusione fra le fortezze potesse danneggiare quella candidatura, all'interno dei complicati meccanismi di un organismo internazionale, ma far valere comunque con forza l’unicità delle mura padovane, vero laboratorio di sperimentazione dell’architettura militare. Non le mura più belle, ma certo le più importanti della prima metà del Cinquecento, in Europa. Sarà sempre tardi, ma forse non troppo tardi. Occorre però muoversi con decisione, chiarezza di vedute e grande spirito di collaborazione fra le parti politiche, che dovranno accettare con generosità, come premessa necessaria, la prospettiva di lavorare “l’una per l’altra”, nel prevedibile avvicendarsi alla guida della città.
Il futuro di Padova si gioca anche intorno alle sue mura.

U.F.

 

La pianta di Padova scolpita in bassorilievo sulla facciata di Santa Maria del Giglio a Venezia, assieme a Zara, Spalato, Corfù e Candia...

S. Maria del Giglio

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