I due documenti che seguono sono stati elaborati congiuntamente dal Comitato Mura e dal FAI nel corso del 2009 come contributo al dibattito sul recupero del castello di Padova e, in particolare il secondo, su alcune idee per "utilizzarlo" anche durante i lavori, che si preannunciano lunghi, necessari per restituirlo definitivamente alla città.

- COSA FARE DEL CASTELLO DI PADOVA?

- IL CANTIERE ARCHEOLOGICO APERTO PER IL CASTELLO DI PADOVA - una proposta

 

Comitato Mura di Padova - FAI Delegazione di Padova

COSA FARE DEL CASTELLO DI PADOVA?

Era la domanda esplicita che Andrea Colasio aveva lanciato qualche mese fa a tutte le forze in qualche modo interessate al castello e che avessero idee da proporre per il suo futuro riuso. Domanda legittima e come vedremo anche giustificata, ma secondo noi del Comitato Mura e del FAI, e non solo noi, un po' prematura.
Il convegno di sabato 18 aprile (2009 NdR) ha fornito un primo panorama di risposte (ma meglio sarebbe dire di richieste!), confermando da un lato l'interesse che suscita e le potenzialità che questa struttura, di dimensioni e volumi ragguardevoli, offre; ma confermando anche le nostre perplessità al riguardo.
Non tanto, o non soprattutto per le proposte/richieste d'uso in sé, più o meno pertinenti, quanto per il rischio che un'accelerazione eccessiva nel processo di selezione della o delle destinazioni d'uso limiti le possibilità di indagine, archeologica e storica, che solo "a bocce ferme" e senza assilli possono essere svolte con la dovuta cura e completezza, tenendo presente che l'occasione è assolutamente unica e se non verrà sfruttata, una simile opportunità potrà non ripresentarsi mai più.

Il problema dei finanziamenti

Dicevamo che la ricerca di idee per il riuso del castello è senz'altro legittima, e anche ben giustificata: è evidente che i lavori di ricerca, ripristino e restauro avranno costi elevati ed è noto che nel nostro paese, senza un concreto progetto di rifunzionalizzazione, possibilmente convincente dal punto di vista del ritorno economico, è assai più difficile che vengano messi a disposizione i fondi necessari per studiare e conservare un bene monumentale, se non per gli eventuali aspetti artistici, perfino da parte delle fondazioni, per non parlare della pubblica amministrazione, locale o nazionale che sia.

E solo una prospettiva d'uso potrebbe attrarre quei finanziamenti privati nei quali sempre si confida, troppo spesso invano.
La prospettiva che il castello resti chiuso e inutilizzabile per lunghi anni, nell'attesa che le Soprintendenze completino le loro ricerche con i risicati fondi a loro disposizione non sarebbe certo di stimolo in tal senso. Giusto quindi parlare di rifunzionalizzazione del castello, ma...

La ricerca archeologica innanzitutto

Fino ad ora tutti i lavori al castello sono stati eseguiti, e vengono tuttora eseguiti, direttamente dalle Soprintendenze, con fondi ministeriali, ma si tratta di opere destinate sostanzialmente alla messa in sicurezza delle strutture (rifacimento delle coperture, verifica strutturale e consolidamento eventuale delle murature, rimozione di poche strutture secondarie del carcere etc.) e di pulitura e consolidamento degli affreschi a mano a mano che vengono ritrovati.

La ricerca archeologica si è fino ad ora limitata a un certo numero di sondaggi mirati, che sono senz'altro serviti a conoscere aspetti e dettagli prima incerti o del tutto ignoti, come i livelli delle pavimentazioni originarie, la collocazione di un camino del tipo "carrarese", l'esatta posizione di alcuni pilastri e di conseguenza la luce degli archi del portico nord, la decorazione degli intonaci originali al piano terra dell'ala sud e così via. A quanto si sa, neppure le nuove ricerche previste a breve prevedono scavi sistematici, se non limitatamente all'ala nord, mentre per il resto dell'area sono in programma semplici sondaggi.

Ma molto, moltissimo altro rimarrà da scoprire e accertare.
Ricordando che, al di là (al disotto) del castello carrarese, cui praticamente tutti i dati finora ottenuti si riferiscono, potrebbero essere ancora rintracciabili resti delle fortificazioni precedenti o di quant'altro le abbia eventualmente precedute, non solo in età medievale (per esempio l'antica chiesa di S. Tomaso, distrutta per l'ampliamento del castello da parte di Ezzelino, nonché lo stesso castello di Ezzelino), ma pure in età romana o paleoveneta.
Forse è bene ricordare che stiamo parlando di un'area di 7500 metri quadrati, per la metà scoperta, rimasta per così dire "intatta" dal XIV secolo in poi, sotto la quale sono celati non secoli, ma millenni di storia della nostra città. E in nessun'altra parte della città così "facilmente" accessibili come qui.
Proprio per la presenza del castello infatti, quest'area ha sicuramente avuto una storia meno tormentata rispetto al resto della città entro l'ansa fluviale dell'antico Meduacus, ciò che perpermetterebbe di ottenere dati archeologici assai più chiari.

Solo pochi anni fa un piccolo sondaggio in profondità, all'esterno del castello, davanti all'edificio ex Rizzato, ha rivelato tracce di mura romane e altomedievali ("mura", non semplici "muri"). Di quelle mura romane occorrerebbe capire se proseguano verso sud, o pieghino vero est: è infatti ancora un problema aperto se e dove corresse il lato sud della cinta romana, della cui esistenza ormai nessuno più dubita. di quel muro altomedievale (di un metro e mezzo di spessore!) si vorrebbe capire se si trattasse delle fondazioni di una torre (una prima "Turlonga"? oppure di una cinta più ampia, forse opera dei bizantini?).
Perdere quest'occasione, per troppa fretta di adibire il castello a nuovi usi, potrebbe impedire in via definitiva una ricerca fondamentale e ormai non effettuabile in nessuna altra parte della città.

Anche limitando il discorso alle strutture esistenti, troppo rimane ancora da scoprire prima di capire a quali nuovi usi possano eventualmente essere destinate le varie parti del castello.
Ancora di recente sono state scoperte nuove decorazioni ad affresco nell'ala est (non ancora mostrate al pubblico) e nulla esclude che altre ne vengano ritrovate.
Senza contare che non essendo ancora stati tolti gli intonaci esterni, non sono neppure state trovate le eventuali tracce di porte e finestre antiche, che pure vi saranno.

Riusare il castello subito, si può

Con questo non vogliamo escludere che alcune parti del castello si possano cominciare ad usare anche prima che i lavori siano completati nelle parti più delicate: è ormai assodato, ad esempio, che per quanto riguarda l'ala sud, ad eccezione dei muri esterni, l'uno, quello verso la riviera, costituito per buona parte della sua altezza da un tratto delle mura comunali e quello verso la corte maggiore, di costruzione trecentesca, tutto il resto delle strutture interne risale al più all'Ottocento: lasciato il piano terra a disposizione degli archeologi, i due piani superiori sono gli spazi che meglio si prestano, per volumi e superfici, ad un uso espositivo, in qualche caso, come per l'arte contemporanea, senza neppure la necessità di particolari sistemazioni, potendo anzi risultare ancor più stimolanti per gli artisti nel loro stato di "restauro povero", dopo una semplice ripulita (molti dei recenti visitatori segnalavano anzi quanto affascinante risulti il complesso proprio nel suo stato attuale e mostravano di temere che parte di quel fascino possa andare perduto con un restauro troppo "elegante").

Un uso "provvisorio" ma di grande attrazione, come potrebbe essere una serie di mostre non già di opere già esistenti, del tipo "da-a", ma piuttosto rassegne che coinvolgano artisti disponibili a progettare opere "per" questi spazi, così come sono oggi: che vuol dire la quasi totalità degli artisti contemporanei, compresi i più importanti.
Eventi di questo tipo potrebbero garantire il flusso dei finanziamenti e mantenere viva l'attenzione del pubblico senza compromettere, o porre delle scadenze precise al lavoro di ricerca.
Permettendo al pubblico di seguire anche da vicino il lavoro di ricerca e poi di restauro, che se opportunamente valorizzato potrebbe costituire di per sé un "evento" o uno "spettacolo".
E' solo un'idea, ma vale la pena di considerarla.

Il castello e il carcere

Ciò darebbe anche il tempo di meditare con la dovuta calma sul problema dei problemi, nel caso del nostro "castello carrarese".
Che, come tale, non esiste più.
E' bene metterlo in chiaro: quello che abbiamo oggi è un carcere dismesso, sotto le cui spoglie stanno riaffiorando importanti vestigia del castello: sicuramente straordinarie, sufficienti per comprenderlo e ricostruirlo virtualmente e anche per farlo "rivedere", con qualche sforzo, al visitatore, ma non abbastanza per ricostruirlo davvero nella realtà.
Troppe le distruzioni e gli stravolgimenti operati nel corso degli ultimi due secoli.
Anche eliminando tutte le "superfetazioni", come si usa definirle, il castello non potrebbe mai riconquistare il suo aspetto medievale, se non con ricostruzioni radicali, che dovrebbero però basarsi solo su qualche traccia architettonica, su un paio di planimetrie di fine settecento, un paio di vedute della stessa epoca, un affresco trecentesco e poco altro: un tipo di operazione oggi culturalmente improponibile.
In compenso, eliminate le sovrastrutture del carcere ci ritroveremmo con uno scheletro senza più forma compiuta e circondato comunque da edifici, sempre legati al carcere, che non sono ormai più eliminabili, in particolare quelli verso Piazza Castello.
Né avrebbe particolare significato eliminare quelle sovrastrutture per sostituirle poi con altre di nuove, ancorché eventualmente disegnate da un grande architetto: rischierebbero di snaturare il luogo, cancellando un lungo tratto di storia della città, senza ridarci compiutamente una sua fase più antica.

Meglio, secondo noi, accettare l'idea di conservare pure per quanto possibile la memoria, anche architettonica, del carcere, che la città tuttora ricorda assai meglio di un castello del quale in fondo sente oggi parlare per la prima volta.
Portando al contempo alla luce quanto ancora rintracciabile del castello.
Se ben condotta, l'operazione potrebbe darci una sorta di sovrapposizione di immagini, un po' come in quelle cartoline che diversamente orientate rispetto alla luce mostrano due immagini diverse.
Il visitatore potrà vedere, a seconda di sotto quale luce voglia guardare a quel che avrà davanti, un castello trecentesco oppure un carcere otto-novecentesco, nel quale si svolgeranno poi attività contemporanee che con quelle due immagini dovranno necessariamente confrontarsi.

Solo allora, potremo davvero capire quale uso sarà più adatto a questo spazio davvero straordinario, definendo correttamente il Progetto di Rifunzionalizzazione, unitamente ad un sano Progetto di Gestione, che dovranno seguire una valida metodologia di approccio progettuale che dovrà affrontare un attento esame degli aspetti intrinseci propri dell’oggetto d’indagine e dei fattori territoriali e mediante tali valutazioni si dovrà evidenziare la reale vocazione del Castello, in funzione della quale orientare attività di restauro, rifunzionalizzazione, gestione e di mantenimento.

(giugno 2009)

Comitato Mura di Padova - FAI Delegazione di Padova


IL CANTIERE ARCHEOLOGICO APERTO PER IL CASTELLO DI PADOVA - una proposta


(Questo documento costituisce un ampliamento del paragrafo "Riusare il castello subito, si può" del documento di giugno 2009)


Abbiamo già indicato le ragioni che dal nostro punto di vista sconsigliano di scegliere già ora, o comunque a tempi brevi, la destinazione dei diversi spazi, fra le quali la prima, sempre secondo noi, è la necessità di prendere tutto il tempo necessario per sviluppare e attuare una ricerca archeologica sistematica in un'area ideale per ricostruire le vicende non solo dell'area stessa, ma anche dell'intera città, dai paleoveneti all'epoca carrarese e oltre. E ideale altresì perché in buona parte libera (la corte, l'area golenale sud, lo scoperto esterno all'ala nord), o comunque facilmente accessibile (l'interno delle ali sud, est e nord). Anche considerando che non si tratta di negare alla città spazi fino ad ora disponibili, bensì spazi mai a disposizione della città, almeno per gli ultimi due secoli, e addirittura dimenticati: qualche anno in più di mancato uso non costituirebbero dunque una tragedia.

Poiché la congiuntura economica rischia di allungare comunque i tempi di realizzazione dei restauri e della rifunzionalizzazione del complesso, o peggio, rischia di costringere ad attuarli in economia, vorremmo meglio precisare una strategia alternativa, che in qualche modo capovolge il punto di vista, trasformando il castello da potenziale contenitore di strutture e manifestazioni "altre" (musei, spettacoli etc), in contenuto di un "evento" a lungo termine.

Invece di puntare a far "rivivere" il castello il più presto possibile, adibendone gli spazi ad usi più o meno appropriati, che diventerebbero essi stessi l'attrazione, di cui il castello diverrebbe solo un contenitore, pur se di lusso e con attrattive proprie, si dovrebbe puntare a far "vivere la riscoperta" del castello nel suo farsi, spettacolarizzando proprio il processo di ricerca, e facendovi partecipare, per quanto possibile direttamente, la cittadinanza e in particolare la popolazione studentesca, universitaria e non.

Senza dimenticare i turisti. Per i quali il "cantiere archeologico aperto" o "cantiere vivo" del castello (va trovata una definizione accattivante), dovrebbe in quanto tale diventare una nuova attrazione di Padova, trovando posto nell'elenco dei musei e dei monumenti cittadini da proporre negli itinerari turistici, per quanto possibile con orari di apertura regolari, anche se ovviamente con percorsi e modalità mutevoli con il progredire dei lavori.
Magari dedicando ogni visita, o ciclo di visite, a un tema diverso, anziché offrire ogni volta un pano- rama generale, necessariamente generico. Magari coinvolgendo di volta in volta storici e archeologi. Non sarà a quel punto fuori luogo far pagare un biglietto di ingresso. Ci rendiamo conto che i problemi non sarebbero pochi: in primo luogo quelli relativi alla sicurezza, ma l'esperienza ha dimostrato che si possono risolvere.

Per un simile progetto occorrerebbe ovviamente coinvolgere tutte le forze disponibili. Non quindi soltanto le Soprintendenze, che potrebbero comunque preparare qui, sul campo, il loro personale, ma anche l'università, in tutte le sue articolazioni che abbiano un qualche rapporto con le diverse tematiche che la ricerca offre: i dipartimenti e le cattedre di storia, antica e medievale, di archeologia, di archivistica e via dicendo.
Le personalità eminenti nei diversi campi a Padova non mancano e potrebbero essere indotte a convogliare sull'area del castello, per qualche tempo, le loro attività didattiche.

E se allo studio nel suo svolgersi potranno assistere anche i cittadini, se alle acquisizioni verrà data tempestiva divulgazione, con pubblicazioni e altro, potremo vantarci, fra qualche anno, di aver costruito a Padova un’esperienza forse unica, un cantiere della conoscenza di enorme valore. E avremo un complesso monumentale noto in ogni suo dettaglio e a quel punto destinabile, con piena cognizione di causa, ai nuovi usi più adatti ed opportuni. Diversamente da quanto è avvenuto di recente con l'ex convento dei Teatini, del cui passato, tribunale a parte, i padovani erano e rimangono del tutto all'oscuro e del cui uso ancora si discute.

D'altra parte, anche durante la fase di ricerca, come già ricordato nel precedente documento, sarà ugualmente possibile ospitare nel castello manifestazioni, soprattutto d'arte contemporanea, ma eventualmente anche di teatro o di altre forme espressive, che a quel punto verrà quasi naturale individuare e indirizzare in modo che dialoghino per quanto possibile con uno spazio così cruciale per la storia della città e contribuiscano, con gli strumenti loro propri, alla conoscenza del castello, di quanto lo ha preceduto (la città paleoveneta, la città romana...) e di quanto lo ha seguito (la specola, il carcere...).

Sul piano pratico le strategie sono tutte da inventare e costruire, ma sarebbe davvero vitale che passasse l'idea forte che non solo un importante castello-reggia trecentesco si può ritrovare sotto le spoglie di un carcere in abbandono, non solo un secondo castello, tuttora da riscoprire, quello di Ezzelino, che vive oggi solo nelle cronache dei nemici e detrattori del "tiranno", non solo, forse, una chiesa medievale, non solo, ancora forse, la risposta definitiva sulla perimetrazione della città romana, ma sicuramente una messe di dati fondamentali per la ricostruzione della primitiva storia della nostra città.

(settembre 2009)


Comitato Mura di Padova - FAI Delegazione di Padova

 

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