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Il castello di Ezzelino



Il problema del castello di Ezzelino a Padova, della sua estensione e consistenza e di cosa eventualmente ne rimanga oggi, è tuttora aperto e quasi privo di risposte certe.

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Le stampe sette-ottocentesche che raffigurano il castello di Padova, quando non fanno riferimento alla specola, titolano "Il castello di Ezzelino" e ancora di recente alcuni studiosi hanno usato senza problemi questa definizione. Solo negli ultimi anni le si è sostituita quella di "Castello carrarese", anche se, proprio per la sua lunga, anche se non ancora chiarita, storia precedente, la definizione più appropriata, a nostro parere, rimane quella di "Castello di Padova".
In effetti, salvo poche tracce più antiche, quanto oggi vediamo appartiene al castello carrarese trecentesco; a sua volta peraltro non semplice da ricostruire nella sua forma originaria, dopo le manomissioni Sette e Ottocentesche.

Ricapitoliamo qui, sulla base di quanto finora pubblicato e noto a chi scrive, senza pretese scientifiche, lo stato delle conoscenze riguardo alla fase ezzeliniana del castello. Per ogni approfondimento e verifica di quanto esposto si rimanda alla bibliografia indicata nelle note.


Le fonti storiche

Sappiamo con certezza dai documenti che Ezzelino III da Romano, subito dopo aver conquistato definitivamente Padova nel 1237, procedette alla costruzione di un nuovo castello. Le cronache a lui contemporanee [1] ci forniscono poche informazioni, seppure preziose, come l'anno di inizio dei lavori, il 1242, il fatto che avesse due torri, e tetre prigioni in almeno una di esse, e che il suo perimetro inglobasse la antica chiesa di S. Tommaso, che per tale ragione fu ricostruita più a nord, dove ora si trova la sua edizione seicentesca. Almeno la sua localizzazione è dunque sicura: la stessa della precedente Turlonga e del successivo castello carrarese.
Le notizie, quasi tutte di parte avversa ai Da Romano, sono accompagnate da truci racconti riguardo alle caratteristiche e all'uso delle prigioni, ma in particolare al destino del loro supposto artefice, il milanese Zilio (da cui le torri presero il nome di
Zilie), che avrebbe finito i suoi giorni nelle orribili prigioni da lui stesso progettate con grande zelo [2].


I dati archeologici

L’unico dato di cui oggi siamo sufficientemente certi è che la maggiore delle due torri Zilie altro non fosse altro che la preesistente Turlonga, eventualmente ricostruita da Ezzelino su precedenti resti diroccati, o comunque aggiornata (e successivamente conservata, con ulteriori rifacimenti, nella versione carrarese del castello e infine trasformata nel Settecento nell’attuale Specola). E’ infatti accertato che almeno la base della torre sia precedente, per materiali e modi costruttivi, al Duecento, e sia quindi la Turlonga citata nei documenti a partire dal 1062 [3], e dato che è certamente anche una delle due torri del castello carrarese, è logico concluderne che facesse parte anche del castello di Ezzelino assieme al piccolo ridotto, di costruzione coeva o di poco posteriore, che la circondava sui lati nord ed est [4].

torlonga castello-ridotto

Di conseguenza è ragionevole ritenere che pure la seconda torre del castello carrarese, quella ad est verso piazza Castello, possa essere un aggiornamento della seconda Zilia del castello di Ezzelino. In mancanza di prove archeologiche e stante l'incertezza sulla effettiva estensione del castello di Ezzelino, questa rimane però soltanto un'ipotesi

Un terzo elemento, scoperto durante i recenti scavi archeologici all’interno della torretta che proteggeva uno dei due ingressi del castello carrarese, verso il Tronco Maestro, accanto alla Torlonga, potrebbe, secondo l’indicazione dell'archeologo Stefano Tuzzato [5], appartenere al castello di Ezzelino: si tratta dell’alloggiamento dei cardini di un portone che restringe la luce della grande porta urbica comunale oggi “nascosta” all’interno della torretta. E' quindi posteriore alla porta comunale, realizzata fra 1195 e 1210, ma precedente alla torretta, che con la sua doppia porta, carraia e pedonale, si sostituì a sua volta al portone nel corso del Trecento: è quindi ragionevole ritenere che il portone più stretto costituisca la trasformazione della porta da pubblica a porta del castello e che quindi la si debba attribuire al tiranno.

porta_ezzelino cardine_porta_ezzelino

Null’altro di concreto si conosce del castello di Ezzelino: neppure delle famigerate prigioni si è trovata traccia certa, almeno finora, né all’interno della Torlonga, né della seconda torre. Manca ancora un’analisi stratigrafica completa delle murature del castello, ma a quanto si sa tutte quelle esaminate finora sono risultate di epoca al più trecentesca, salvo quanto visto nel sondaggio archeologico all’esterno della torretta già citata, dove però le tracce precedenti si riferivano ad epoche assai più remote e quindi non in relazione con Ezzelino [6].

Si deve però dare per scontato che il castello ezzeliniano inglobasse il piccolo ridotto già esistente attorno alla Torlonga, visto che si allarga abbastanza da inglobare nella sua cinta la porta comunale di cui si è detto, che diventa porta del castello. Inoltre, se si accetta che la seconda torre sia la stessa del castello carrarese e si tiene conto dell’inglobamento nel suo perimetro della chiesa di S. Tommaso, è ragionevole supporre che l'area occupata dal castello potesse coincidere grosso modo con quello della successiva ricostruzione carrarese. Del resto, il breve torno di tempo, quattro anni, in cui Niccolò della Bellanda, su ordine di Francesco il Vecchio da Carrara, procedette alla “costruzione” del nuovo castello, con tutto il complesso apparato decorativo che oggi si va riscoprendo, fa pensare alla ristrutturazione, diremmo oggi, di una struttura esistente, piuttosto che ad una costruzione ex-novo.


Le leggende

Delle prigioni si è detto: non si è trovata conferma che fossero nelle torri, nonostante la lapide del 1618 che ne ricorda l'esistenza nella Torlonga [7], il ché naturalmente non esclude che potessero essere da qualche altra parte del castello. Il carattere efferato e sanguinario del Da Romano, definito e fissato da una tradizione a lui avversa, è stato in parte ridimensionato dalla storiografia più recente, come del resto il suo deleterio influsso sulla città di Padova, che invece a quanto pare continuò a prosperare anche sotto la sua tirannia, ma di certo prigioni nel castello dovevano esserci e, secondo gli usi dell’epoca, non erano certo luoghi confortevoli.

lapide_Galvano Cerato_lapide_Galvano

Dubbia è pure la storicità della figura dell’architetto Zilio, il cui nome è riportato solo da Pietro Gerardo, la cui attendibilità è spesso messa in dubbio dagli storici: la leggenda che lo riguarda sembra infatti più una parabola esemplare costruita ad arte che una storia reale. Pare però certo che le due torri furono effettivamente a lungo note come Zilie, quindi è d’obbligo sospendere il giudizio in proposito.

E’ stata invece definitivamente smentita la notizia data per primo dal Salomonio nel 1701 [8], e riportata da Giuseppe Lorenzoni [9], secondo la quale sul muro della seconda torre, quella verso piazza Castello, era ancora visibile all'epoca un bassorilievo con le insegne di Ezzelino. Il bassorilievo effettivamente c’era, fu smontato all'epoca della trasformazione del castello in carcere, che comportò la drastica riduzione in altezza della torre, e dopo qualche passaggio intermedio è approdato ai Musei Civici, dove è tuttora esposto. Solo che non si tratta affatto delle insegne di Ezzelino: il cimiero con lo struzzo coronato, con un ferro di cavallo nel becco e lo scudo bipartito con a destra i gigli angioini, sono le insegne di Luigi il Grande d’Ungheria, storico e più importante alleato dei Carraresi e in particolare di Francesco il Vecchio nelle guerre contro Venezia [10]. Cimiero e stemma si possono oggi vedere negli affreschi scoperti nel 2007 in una cella del carcere, rivelatasi importante sala di rappresentanza del castello carrarese.

L’infortunio storico (al quale si accodava anche Giovan Battista Verci, che pubblicava anche l'incisione di un altro bassorilievo esistente allora sotto la loggia della corte del castello, anch'esso raffigurante il cimiero di Luigi il Grande e non quello di Ezzelino [11]) si è purtroppo trasformato in “leggenda metropolitana”, con effetti ormai difficili da sanare, visto che l’attribuzione dell'insegna ad Ezzelino continua a venire riconfermata su pubblicazioni d'ogni genere, dopo aver prodotto l’effetto collaterale di far adottare quel cimiero, pur con diversi colori, come parte del proprio stemma dal comune di Romano d’Ezzelino (e la sola testa di struzzo anche da quello di S. Zenone degli Ezzelini).[12]

Ugo Fadini, 2010

stemma_Luigi_Ungheria stemma_ezzelino_verci affresco_insegne_Luigi
stemma_romano_dezzelino affresco_stemma_Luigi

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[1] Rolandini Patavini Cronica circa facta et factis Marchie Trivixane, a cura di A. Bonardi, R.I.S., t. VIII, p. I, Città di Castello 1906-8, p. 77: “Hoc eodem anno, mense augusti, inceptum est castrum, quod Ecelinus fecit in Padua fieri circa ecclesiam sancti Tomasii, ipsa ecclesia circumdata et clausa in castro”. Ma anche nel Liber Regiminum Padue,  R.I.S., t. VIII, p. I, a cura di A. Bonardi, Città di Castello 1904, p. 315: “Et die XVI septembris MCCXLII inceptum fuit castrum Sancti Thomasii de Padua. torna alla lettura


[2] P. Gerardo, Vita et Gesti d’Ezzelino terzo de Romano, de l’origine al fine di sua famiglia, sotto la cui tirannide mancarono di morte violenta più di XII millia Padovani, Venezia 1543, c. 60. Il racconto è anche in Rolandino, op. cit., ma non viene nominato Zilio. torna alla lettura


[3] A. Gloria, Codice diplomatico padovano dal secolo sesto a tutto l’undecimo, Venezia 1877, vol. I, d. 185, 21. Nominata poi anche in un documento del 21 agosto 1102, in P. Sambin, Nuovi documenti padovani dei secoli XI e XII”, Venezia 1955, d. 2, 2. torna alla lettura


[4] S. Tuzzato, Il Castello di Padova fino ai Carraresi e le nuove ricerche (1994-2004), in I Luoghi dei Carraresi, a cura di Davide Banzato e Francesca d’Arcais, Canova Edizioni, Treviso, novembre 2006, pp. 72-75. torna alla lettura


[5] Ivi, pp. 75-76. torna alla lettura


[6] Ivi, pp. 72. torna alla lettura


[7] A. Portenari, Della felicità di Padova, Padova 1623, p. 87. torna alla lettura


[8] J. Salomonio, Urbis patavinae inscriptiones sacrae et prophanae, Padova, 1701, p. 544. torna alla lettura


[9] G. Lorenzoni, Il Castello di Padova e le sue condizioni verso la fine del secolo decimottavo, Padova 1896, p. 20. torna alla lettura


[10] P. Dal Zotto, Luigi il Grande, re d’Ungheria, nel castello carrarese, in Padova e il suo Territorio n. 138, aprile 2009, p. 22. torna alla lettura


[11] G.B. Verci, Storia degli Ecelini, Bassano 1779, p. 189-191. torna alla lettura


[12] Per approfondire l'argomento, si consiglia la lettura di: P. Dal Zotto, Stemma e insegne di Ezzelino: un persistente equivoco.


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