La caserma nel 1943/44(14 gennaio 2019) - Come è stato ampiamente riferito dai giornali nelle scorse settimane, il 2018 si è chiuso per il Comitato Mura con una notizia importante. Parliamo del contributo assegnatoci per un lavoro di documentazione e studio dell’area della ex caserma Prandina, che metta in condizione Agenda 21 (e tutte le parti interessate al percorso partecipato di definizione del futuro dell’area stessa) di ragionare sulla base di una conoscenza approfondita di uno spicchio di città carico di valenze storiche, ambientali e urbanistiche.

Un riconoscimento importante e non scontato,  non solo per la competenza, ma anche per l’indipendenza sempre manifestata dall’associazione. Una responsabilità e un onere consistente per il Comitato Mura che, diversamente da quanto potrebbe sembrare, di denari ne dovrà spendere più di quanti ne incasserà. Il contributo del Comune coprirà infatti l’ottanta per cento dei costi: significa che l’associazione riceverà sì 20.000 euro, ma ne dovrà spendere 25.000, aggiungendone cioè 5.000 di tasca propria, per pagare i rilievi, le ricerche d’archivio, gli elaborati cartacei e digitali necessari allo svolgimento del compito che si è assunta, che dovranno essere rendicontati. Si tratta infatti di un contributo e non del pagamento di una consulenza. Tutt’altro che il regalo di Natale di cui qualcuno ha sorriso, più o meno maliziosamente. Al contrario, uno sforzo notevole, sul piano finanziario e su quello della quantità di lavoro da svolgere in tempi ristretti. Ma che sentiamo di dover fare, e in questo senso consideriamo un regalo e un privilegio il poterlo fare, per impedire che il dibattito si risolva in una sterile contrapposizione fra chi vuole un parcheggio e chi vuole un parco alberato. Un dibattito che si risolverebbe o con la vittoria del più forte politicamente o con un compromesso.

Quell’area non è un pezzo di città qualsiasi, da trattare ciascuno secondo le proprie, per quanto legittime, preferenze e priorità, con un approccio meramente utilitaristico, indifferente rispetto alla sua collocazione e alla sua storia. Si dirà che questo vale per qualsiasi area urbana, ma nel caso specifico si tratta di un’area con una sua storia, delle sue vocazioni, un suo genius loci, fatto di broli, di monasteri, di vie d’acqua e di strutture militari; e dunque delle sue proprie esigenze, che vanno individuate e riconosciute, prima di sovrapporvi, con il giusto rispetto, le esigenze della città contemporanea e dei suoi residenti, come sarà inevitabile e doveroso fare.

Un discorso valido per tutte le altre aree “libere”, nel senso di non ancora intensamente edificate, che si snodano attorno alla cinta muraria rinascimentale, all’interno come all’esterno, e che, a seconda di come verranno usate, ma prima ancora, e soprattutto, capite e interpretate, determineranno l’immagine e la qualità della vita della Padova futura. Sono le aree che, assieme alle mura e ai canali superstiti, costituiscono la struttura portante di quel Parco delle Mura e delle Acque di cui tutti parlano, affermando di volerlo, dimostrando però un minuto più tardi di non aver ben compreso di cosa si tratti. Magari accettando passivamente che a ridosso del baluardo Cornaro sorga un edificio fuori scala come la nuova Pediatria, solo perché non c’è un vincolo che lo impedisca, oppure riproponendo ciclicamente di usare come parcheggi le aree della fossa; e in ogni caso trattando ogni singola area, grande o piccola, come un problema a sé, senza mai riuscire a vederla come parte di un insieme. Insieme che ha un suo senso e che potrebbe ridare senso alla città intera

Beninteso, non si tratta di attendere la realizzazione del Parco delle Mura e delle Acque per poter decidere il futuro della Prandina. Anche perché il Parco per sua stessa natura è, e continuerà ad essere, un processo, più che un progetto. Si tratta però di intraprendere il percorso di recupero e riuso di quest’area con i giusti tempi e le giuste cautele, con una progressività di interventi che lasci il tempo ad altre opportunità di concretizzarsi: siano esse iniziative di associazioni, di professionisti, di imprenditori, che propongano interventi utili, per questa come per le altre aree connesse, che a loro volta possano stimolarne altri in una catena virtuosa. Perché il Parco non è e non dovrà essere solo mura, acque e alberi, ma vita.
Altrimenti, meglio che ce lo diciamo subito: il Parco delle Mura e delle Acque non esisterà mai.

Comitato Mura di Padova

> Segui il percorso partecipato sulla pagina di Agenda21 (contiene i link per scaricare i materiali presentati alle riunioni, prodotti dal Comitato Mura e dagli uffici comunali, e i verbali delle riunioni)

- Leggi i nostri precedenti interventi sull'argomento

 

A sinistra la caserma nel 1943-44, a destra il fotogrammetrico attuale con la delimitazione dell'area che verrà ceduta al Comune dal Demanio militare, sotto una foto della caserma ai primi del Novecento (clicca sulle immagini per ingrandirle)