(13 agosto 2010) - E così, stando a quanto leggiamo sui giornali, il restauro del bastione Buovo e della galleria che lo collega al Castelnuovo sarebbe la causa di una dichiarazione di inagibilità da parte del  settore Sicurezza del Comune. Causa ed effetto lasciano ambedue alquanto sconcertati.

La situazione, per quanto riguarda gli allagamenti, è in realtà più o meno quella precedente all’intervento. Se non per la presenza, in positivo, di pompe che prima non c’erano e possono limitare il livello dell’acqua, e, in negativo, di atti vandalici, o, se messi in atto in buona fede, perlomeno improvvidi, che hanno compromesso il funzionamento delle pompe e favorito un afflusso ancor maggiore di acqua. Parliamo di pompe manomesse, muretti tagliati o abbattuti per far defluire l’acqua dal trabocchetto alla galleria, scavi abusivi all’interno della “cavana” che potrebbero aver favorito l’afflusso di acqua per infiltrazione.

Non potrebbe essere diversamente, perché per fermare definitivamente l’allagamento della galleria occorrerebbe foderarla interamente di materiale  impermeabile (soprattutto sotto il pavimento, che bisognerebbe dunque smontare e rimontare), oppure abbassare di un metro abbondante il livello del Piovego, oggi tenuto ben più alto di quello che era al momento della costruzione del bastione, e proprio per permettere la navigabilità del canale, che pure molto sta a cuore a chi si scaglia oggi contro il Comune (che il livello delle acque non lo governa, perché spetta ad altro ente farlo). Chi non ne fosse convinto, dia un’occhiata alle cannoniere di porta Ognissanti; vedrà che sono quasi completamente sommerse e nel Cinquecento certo non si sparava con cannoni subacquei. E’ dunque proprio il Piovego il principale responsabile del costante allagamento della galleria, cui si possono opporre al momento solo le pompe, ributtando fuori l’acqua che filtra e continuerà a filtrare di continuo, pioggia o non pioggia.

Detto questo, chiunque guardasse alla sostanza dei problemi e non alla visibilità politica, avrebbe telefonato al settore Edilizia e avrebbe appreso che si è trattato di un eccesso di zelo da parte del settore Sicurezza che ha effettivamente dichiarato inagibili gli spazi ipogei per il tempo previsto per alcuni lavori programmati dal settore Edilizia nella galleria stessa, relativi proprio alle pompe e all’impianto di illuminazione, a quanto pare anch’esso danneggiato. Non sussistendo reali motivi perché l’accesso debba essere impedito indiscriminatamente, pur in presenza di quei lavori, la cosa verrà chiarita e, entro i pochi giorni necessari per la rettifica della dichiarazione di inagibilità, tutto tornerà normale.

Ma a quale normalità si vuole riportare l’uso degli spazi ipogei? A una normalità che vedeva pompe manomesse, luci d’emergenza divelte, muretti abbattuti o tagliati, scavi illegali?
Vogliamo sperare di no. E se per ottenere un maggiore rispetto del luogo e del lavoro che noi tutti paghiamo (le pompe, le luci, i restauri vengono eseguiti da o per conto dell’amministrazione e i soldi sono i nostri, anche quelli per riparare i danni provocati da mani ignote), se per avere la ragionevole certezza che simili danneggiamenti non si ripetano occorrerà limitare l’accesso a quegli spazi, se si dovrà cioè chiedere ogni volta la chiave in prestito e firmare un’assunzione di responsabilità reale, benissimo, siamo completamente d’accordo: basta con la fiducia indiscriminata accordata troppo facilmente sulla base di impegni verbali, a loro volta basati su autoproclamate intenzioni di salvaguardia e tutela, smentite dai fatti.

Per chiudere, qualche considerazione sul restauro tanto criticato. Che abbia presentato qualche problema, è un fatto. Noi, come si ricorderà, abbiamo molto apprezzato quell’intervento così rispettoso dell’esistente, che nulla ha ricostruito e nulla ha distrutto: un ottimo esempio di conservazione, che non è affatto sininimo di restauro, anzi. Ebbene, doppiamo riconoscere che noi, come chi ha progettato ed eseguito l’intervento, abbiamo forse peccato di eccessivo ottimismo: le malte qua e là si sono sfaldate e qualche mattone è caduto. Per di più, qualche lavoro inizialmente previsto ha dovuto essere rimandato perché la cifra stanziata non era sufficiente, qualche zona di infiltrazione di acqua piovana è stata sottovalutata. Cose in gran parte rimediabili, ma il fatto resta, sarebbe sciocco non riconoscerlo e lo abbiamo fatto già a suo tempo.
 Se si fosse ricostruito tutto, come è avvenuto al torrione Santa Giustina, se si fosse rifatta la pavimentazione del camminamento, se il muro sul lato città fosse stato ricostruito con il suo parapetto, forse ci sarebbero stati meno problemi. E avremmo un bel tratto di mura "come nuovo", anzi, proprio nuovo, “made in 2008”. E irreversibile.
Con la soluzione adottata, ora che l’intervento ha rivelato dei difetti, lo si può correggere.

Conservazione è anche prudenza.

Comitato Mura di Padova

 

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