L’evoluzione storica di un ecotopo urbano:
Padova e il suo sistema bastionato rinascimentale


Gianumberto Caravello e Claudia Bissacco, 2005

Dip. Medicina Ambientale e Sanità Pubblica – Sede di Igiene
Università di Padova


Nel mondo classico la città era definita con il termine di “civitas” per la sua componente umana, a cui era strettamente connesso il concetto di ”urbs”, vale a dire l’area edificata circondata da difese murarie, e di “territorium”, ovvero gli spazi circostanti e necessari al suo sostentamento. In questa idea era presente l’implicito ed inestricabile legame tra “cives” e “genius loci” che innescava un sinergismo tale da costituire un’entità unica atta alla migliore sopravvivenza di dei, uomini e natura di una certa area, esprimendo in tal modo l’inscindibile connubio delle due componenti in gioco: quella fisico ambientale e quella biologico antropica. Tale simbiosi era però mediata sul terreno reale da una membrana osmotica ben concreta, regolante i flussi tra “dentro” e “fuori”, e che era costituita dalle mura cittadine, “nam urbs ipsa moenia sunt, civitas autem non saxa, sed habitatores vocantur” (Isidoro da Siviglia, Etymologiae, 1, XV, 2.1).

Al giorno d’oggi la città è concepita preminentemente come “city”, la sede degli affari, della vita produttiva, tutt’al più, dello svago, ma completamente disgiunta dai processi ecologici che comunque in essa agiscono e coinvolgono inevitabilmente le componenti fisiche e biologiche presenti. Il cittadino concepisce tutto questo altrove, in un territorio sempre più lontano dalla città, ma anche sempre più omologato alle dimensioni urbane, non riuscendo più a ritrovare “nell’interno” quelle dimensioni ambientali da cui origina. Egli rimane però pur sempre un esemplare di Homo sapiens sapiens e da questi vincoli, volente o nolente, non può prescindere, pena l’integrità della sua salute nel suo significato più completo di “stato di benessere fisico, mentale e sociale e non solamente assenza di malattia e infermità” (OMS, 1948), situazione attualmente difficile da reperire in ambiente urbano. Nella nostra epoca sicuramente l’uomo comprende sempre più la propria incapacità e impossibilità di scindere la sua esistenza dall’ambiente naturale, di cui come si è visto fa parte, per esprimere non solo le proprie esigenze culturali e sociali, ma per far fronte ai suoi stessi bisogni psicofisiologici.

Tali esigenze stanno sempre più confluendo nel concetto di “paesaggio”, definito come “sistema di ecosistemi”, in cui la distribuzione delle varie ”macchie” (ecosistemi) risponde sempre a principi di idoneità ambientale e quindi di sostenibilità ecologica, la città è perciò da ritenersi anch’essa un paesaggio, denominabile antropico urbano. Esso è costituito da un insieme di ecosistemi ottenuti dall’incontro di tutti i fattori ambientali, vale a dire le condizioni clima, idrografia, geomorfologia del sito, ecc., e dalle componenti biotiche (flora e fauna). Nella fauna va compreso anche l’uomo, che in ambito urbano determina modificazioni totali o parziali della natura (aria, acqua, spazi, ecc.), dalla quale pur dipende, attraverso il suo apparato culturale. E’ così che l’attualità di questi concetti sta conducendo sempre più l’uomo moderno a riscoprire e tutelare le potenzialità naturali insite nel suo più “vicino” sistema ambientale, nel nostro caso quello urbano, all’interno del quale la “natura” si presenta ora, anche se non definitivamente scomparsa, come si potrebbe pensare, solamente surrogata dai sistemi “verdi” di impianto artificiale e da qualche piccolo relitto di epoche passate museificato o relegato in frange marginali.

Ecco perché oggi è quanto mai necessario uno studio dell’ecotopo urbano volto ad affiancare i tradizionali strumenti urbanistici con quelli derivati dalle scienze naturali ed ecologiche, al fine di poter affrontare efficacemente l’importanza assunta soprattutto dalle “aree verdi” in un ecosistema urbano e valutarle non solo per la loro funzione sociale, ma anche per quella ecologica. Questo potrebbe così divenire un elemento qualificante per il vivere nel contesto cittadino, tale da garantire una pianificazione del territorio corretta al fine di mantenere e tutelare il buono “stato di salute” dei suoi abitatori. Insomma di promuovere una “rete ecologica” cittadina che sia l’insieme delle “macchie” naturali, seminaturali e naturaliformi (corsi d’acqua, zone umide, aree verdi, tratti incolti, boschi, golene, siepi e filari, orti e giardini, ecc.) collegate tra loro in modo ecologicamente funzionale, sì da creare quella ragnatela di positive sinergie necessarie a favorire un riequilibrio ambientale ottimale tra una rete insediativa ed infrastrutturale, adeguata interamente all’uso antropico, ed una rete ecologica efficiente, anche nella compromessa realtà urbana.

La città di Padova presenta tutti gli elementi finora considerati ed è ricca, nel suo paesaggio urbano, di realtà da considerarsi nella nuova prospettiva ecologica ora esposta. In particolare una di queste appare di notevole interesse per le sue ottime potenzialità future, dato che identifica l’”urbs” nel “territorium” e connota, con le vicende storiche del suo perimetro, la “civitas” nella sua individualità: il sistema bastionato veneziano. Questo ecotopo urbano, ricco di “macchie” ecosistemiche connesse da una “matrice” artificiale di acque e mura, ha una storia di circa mezzo millennio, nasce, infatti, nel XVI sec., in cui, solo nell’ultima parte del XX sec., sono stati apportati sconvolgimenti esiziali per la struttura ecologica che si era andata evolvendo col tempo nel territorio cittadino di Padova. Questa complessa struttura era quasi da considerarsi una specie di “agroecosistema urbano”, intendendo con ciò quell’insieme di rapporti ecologici, complessi e dinamici, che hanno però raggiunto un equilibrio tra gli habitat modificati/costruiti dalle esigenze umane (difensive, produttive, estetiche, ecc.) e gli organismi vegetali ed animali che li sono andati a costituire nel tempo, uomo compreso. L’area da considerarsi ora si è ormai ridotta a quella racchiusa per lo più tra circonvallazione urbana interna ed esterna, la cui spina dorsale va identificata nella struttura muraria difensiva con le annesse aree dei terrapieni e delle fosse, a cui vanno aggiunte quelle espansioni territoriali all’interno della cinta che, fin dal XIII sec. si sono dimostrate essere significativi nodi culturali e naturali, quali gli attuali giardini storici, pubblici e privati, della Rotonda, dell’Arena, dei Treves e quel che rimane dei giardini Trieste, ora Alicorno, e Piazza (fig. 2), ora ridotto a lacerti privati. Alla luce di quanto detto, tale perimetro, un anello verde attorno al centro cittadino, va rivalutato nella sua interezza patrimoniale, pienezza culturale, integrità naturalistica e funzionalità ecologica. Il fine dovrebbe essere, oltre al ripristino di un’area naturalisticamente e culturalmente interessante per la città, anche quello di connetterlo alle periferie ed alle sue frange urbane più estreme, non solo con assi stradali, che al meglio sono piste ciclabili, ma soprattutto col proporre corridoi ecologici fruibili da tutte le componenti biotiche con essi compatibili, uomo compreso. Tali interventi renderebbero così nuovamente integrato il tessuto cittadino e, se possibile, migliorerebbero la permeabilità dell’anello che lo delimitava, fatto di mura, verde ed acqua, attraverso la riproposizione di quella “membrana urbica”, osmoticamente attiva tra interno ed esterno, che faceva vivere la città fino ad un recente passato. Infatti, il sistema bastionato cinquecentesco, come “patrimonio civile”, è espressione sia dell’immagine storica patavina, essendo il più vasto bene culturale della città stessa, sia di quella ecologica, considerata la sua alta valenza ambientale intrinseca e la sua connessione con le aree verdi circostanti, divenendo così uno degli elementi preminenti da tutelare quantitativamente e soprattutto qualitativamente.


Figura 1 - Visualizzazione dell’area di studio del paesaggio urbano di Padova nel 2005


Le mura della città sono state edificate nella prima metà del Cinquecento ad opera del dominio veneziano, quando Padova necessitava della massima protezione, perché le vecchie muraglie medioevali non potevano più garantire, a causa dell’evoluzione e del potenziamento delle tecniche militari di attacco, la sicurezza indispensabile. In seguito, già sullo scorcio del Seicento, con la perdita della funzione prettamente difensiva, il sistema bastionato dovette sopportare numerose variazioni nella struttura e nell’uso, che lo portarono a subire nei secoli successivi ad un lungo processo di obsolescenza. Così dalla fine del Settecento, benché la struttura si mantenga ancora intatta dal punto di vista architettonico, iniziano invece a variare gli usi delle aree limitrofe e di quelle su di essa ospitate. Infatti, nell’area del “guasto”, parte integrante del sistema difensivo, di contro al divieto assoluto di costruzione e impianto di qualsiasi forma di impedimento visivo al fine di tutelarsi da un’eventuale avanzata del nemico verso la città, iniziano a comparire le prime costruzioni, mentre la cerchia muraria mantiene al minimo la sua funzione militare, apparendo invece principalmente come un elemento di ben marcante limitazione tra la città e la campagna, mentre quest’ultima tende ormai a sua volta verso un lento, ma ineluttabile, processo di urbanizzazione. Le varie aree “verdi” poste a ridosso delle mura all’esterno e soprattutto all’interno, un tempo adibite ad uso agricolo, militare (prati) e privato (ortaglie), vengono via via mutate di funzione d’uso e quindi di valenza ecologica.

 


Figura 2 - Sistema bastionato cinquecentesco e attuali aree verdi limitrofe


Alla fine dell’Ottocento (1882) il Comune di Padova acquistò dal Demanio dello Stato la quasi totalità delle mura cinquecentesche e dei suoi annessi. Così, se la funzione militare fu completamente dismessa, si andava accentuando invece sempre più il ruolo daziario, che sarà in seguito la causa di numerosi interventi distruttivi ai danni del sistema murario (brecce, barriere, ecc.) e delle aree limitrofe, tutt’oggi ancora ben visibili. Per tutto il Novecento, fino ai nostri giorni, le mura sono state considerate un bene patrimoniale sul quale era lecito far gravare tutte le esigenze pubbliche, comportandone così una profonda alterazione, con conseguente perdita dell’integrità dei circuiti ecologici urbani circostanti. L’espansione urbanistica, le multiformi destinazioni d’uso, i numerosi interventi che le venivano progressivamente interessando, la loro limitata manutenzione e gli influssi dell’emergente progresso alla fine le hanno condotte alle pessime condizioni dei tempi recenti, tanto che ora non sono nemmeno più in grado di rappresentare nettamente il limite tra centro storico “modernizzato” e periferie urbane fagocitanti.

Al fine di studiare la valenza ecologica presente in questo bene, sia nel passato che nel presente, si sono analizzati, secondo le metodiche suggerite dall’Ecologia del Paesaggio (Landscape Ecology), le mappe cittadine ad alcuni livelli temporali, partendo dalla prima rilevazione scientifica della città fino alle attuali aerofotogrammetrie. L’analisi dell’evoluzione di un territorio in tale disciplina prevede la considerazione di almeno tre livelli spazio – temporali di analisi, che permettano così di individuare la tendenza eventuale al cambiamento del paesaggio stesso. Lo studio ha preso in considerazione tre livelli temporali, considerando per la fine del Settecento la Carta del Valle (1784), poi, un secolo dopo, la Carta del Sacchetto (1873), affiancata dalla planimetria dell’atto di compravendita delle mura al Comune (1882) ed infine, per l’attuale, si è considerata la Carta Tecnica Comunale e le orthofoto della città (2001), aggiornate da un accurato rilievo condotto sul campo (2005).

La digitalizzazione dei dati cartografici si è ottenuta dall’utilizzo di G.I.S. (Geographic Information System o Sistema Informativo Geografico) che forniscono gli strumenti informatici per la realizzazione delle mappe (Boffi, 2004). I software utilizzati in questo lavoro sono stati ArcMap 8.2 e in particolare Idrisi 32 bit che ha permesso la trasformazione delle mappe vettoriali nel formato raster, alle quali successivamente è stato possibile applicare alcuni indici di analisi statistico - matematici, attraverso l’utilizzo del software Fragstat.

Per ogni intervallo temporale si sono realizzate delle carte dell’uso del suolo nelle quali si descrive l’ecomosaico urbano della città rappresentando le varie tipologie di aree “verdi” (macchie) presenti al fine di stimare la valenza ecologica dell’area di studio. L’ecotopo urbano della città di Padova è rappresentato da una serie di elementi, che variano nel numero e nelle tipologie lungo il periodo analizzato. Tale differenziazione poteva rendere difficoltosa l’analisi comparativa dei diversi livelli temporali, poiché prima di tutto, i dati utilizzati per la realizzazione delle carte storiche e la strumentazione tecnica impiegata per la loro costruzione risultano meno precisi, se rapportati agli attuali mezzi tecnologici, ed in secondo luogo poiché è mutata, nel tempo, la funzione assunta dagli spazi verdi cittadini e la terminologia identificativa di questi stessi. Al fine di ovviare a queste difficoltà di analisi, è stata così rielaborata la legenda relativa alle tre mappe riconducendo gli elementi originari di ciascuna mappa ad una serie di tipologie comuni e creando, in tal modo, una nuova e comune chiave di lettura delle cartografie utilizzate.

La legenda nuovamente definita presenta così nove elementi, alcuni dei quali sono stati unificati ritenendo equipollente il loro valore biologico - naturalistico caratterizzanti i livelli temporali passati e altri invece solo quello attuale (l’aratorio arborato vitato e l’aratorio; il prato e il pascolo; giardino storico e verde privato), secondo un ordine decrescente di valore ecologico. Tali tipologie di verde sono: bosco, aree incolte, prato arborato, prato, giardino, orto, aratorio, verde ricreativo e verde d’arredo.

Le caratteristiche delle tipologie di macchie sono derivate dal calcolo della valutazione bionaturalistica, ottenuta dall’analisi di due concetti che si riferiscono da un lato al loro progressivo e peculiare valore di ecocomplessità (biodiversità/ecodiversità) e dall’altro alla crescente presenza in esse di intervento antropico, sottoforma di surplus energetico. La complessità dei sistemi ecologici (eco – complessità) è molto difficile da studiare perché non dipende dal numero dei componenti di un sistema, ma espressamente dal tipo di interazione che si instaura tra questi (Ingegnoli, 2002). Si può comunque intendere come la diversità strutturale e specifica delle popolazioni viventi che è prodotta da condizioni abiotiche e biocenotiche, e quanto queste condizioni sono più complesse, tanto maggiori e strutturate risultano essere le relazione tra le componenti degli ecosistemi, e di conseguenza anche la loro capacità di incorporare i disturbi provenienti dall’esterno. Da questo deriva infatti intendere la complessità anche come la capacità dei sistemi di incorporare il disturbo e di mantenere una condizione di equilibrio, esprimendo così una complessità crescente se aumenta la potenzialità di reazione all’effetto del disturbo in forma diretta e complessa (Glenn et al., 1992). Questo concetto è stato calcolato come il numero di ecotopi considerando in esso sia la componente biotica e la componente abiotica.

Per quanto riguarda il concetto di disturbo, si intende un evento discreto nel tempo che altera le strutture degli ecosistemi, delle comunità e delle popolazioni, modifica il substrato e l’ambiente fisico e che interviene sulla struttura, sulla funzione e sulla dinamica del paesaggio (White & Pickett, 1985). In questo studio la causa principale del disturbo è l’uomo, ed il disturbo è di tipo strutturale per l’azione che può avere l’uomo nel paesaggio in cui è inserito ed è stato definito come la quantità di Kj immessi nel ecosistema esaminato.

I due concetti esposti sono stati elaborati secondo un giudizio espeditivo costruendo una matrice, nella quale l’attribuzione ad ogni elemento di un valore numerico da 1 a 9, ha permesso una loro ulteriore classificazione che è derivata dalla media aritmetica dei suddetti valori attribuitogli, secondo due ordini diversi. Si è ottenuta così in fine una nuova legenda di tipologie di verde del paesaggio, e da questa si può osservare come il bosco acquisti valore più elevato a contrario del verde d’arredo che ne presenta quello inferiore (vedi tabella n.1).

 



Tabella 1 - Rappresenta l’ordine degli elementi del paesaggio con i rispettivi valori derivati dal calcolo dalla valenza ecologica ottenuta dall’analisi dei due fattori: eco-complessità e intervento antropico


Il bosco, è inteso come bosco ceduo dolce utilizzato dall’uomo per lo sfruttamento immediato del legname, ma ora col venir meno di questa esigenza questa tipologia è scomparsa. Caratterizzato da un’alta varietà di specie biotiche e da un ridotto intervento umano, si può considerare un elemento poco disturbato. Le aree incolte, un tempo considerate tutte quelle aree lasciate a prato non irrigato, oggi corrispondono alle aree abbandonate non sottoposte ad alcuna manutenzione. Sia in passato che attualmente sono ecologicamente molto importanti per la loro funzione di riequilibrio ambientale. Per prato arborato sono da considerarsi le aree erbose con elementi arborei, un tempo ricche di specie principalmente frutticole, oggi invece corrispondenti principalmente alle zone paranaturali di quartiere con attrezzatura minima o nulla, ma nel tempo aree in cui si instaura una vegetazione arboricola, arbustiva ed erbacea che accoglie una buona comunità di invertebrati, anche edafica, e caratterizzata da un limitato intervento antropico. Nella categoria prato invece si comprendono tutte le aree erbose, un tempo adibite anche al pascolo e sfalcio da utilizzare come fieno, oggi invece sono le aree sottoposte a manutenzione periodica, ma liberamente accessibili, comprendenti anche le fasce golenali della città.. Il giardino è rappresentato dal parco storico, di origine un tempo privata e attualmente per lo più di proprietà pubblica, a cui vanno però aggregati anche i singoli giardini di proprietà privata. Tali aree presentano una popolazione vegetale sia autoctona che alloctona ed esotica, ed hanno col tempo acquisito una funzione sempre più esclusivamente estetica per la quale l’intervento umano è molto pesante. Per orto, rappresentato solo storicamente, venivano considerate tutte quelle aree di limitata estensione coltivate a “ortaglia”, sottoposte ad un forte intervento antropico per il suo mantenimento. L’aratorio, anch’essa categoria limitatamente storica, comprendeva insieme l’aratorio arborato vitato e l’aratorio come terreno coltivato a generi cerealicoli, la cui funzione produttiva riduceva la diversificazione specie – specifica e quindi il loro grado di complessità . Ed infine due categorie presenti solo nel periodo temporale attuale, in cui per verde ricreativo si definiscono tutte le aree limitate e attrezzate intensamente per la funzione di svago, ricreazione e sosta, mentre per verde d’arredo si considerano tutte quelle aree occupate da aiuole, alberature e quegli spazi della città che per la loro localizzazione e per il trattamento di manutenzione a volte persino pernicioso sono adibiti a sola funzione ricreativa ed estetica la prima, ed esclusivamente estetica la seconda.

 


Figura 3 - Carte dell’uso del suolo corrispondenti al 1784, 1882, 2005

 

L’area in esame è stata indagata, mediante l’applicazione delle teorie dell’ecologia del paesaggio, grazie l’uso di indici di origine statistico – matematici, per esprimere concetti ecologici. Si sono calcolati indici definiti descrittivi (indici di estensione e di numerosità), i quali rappresentano le caratteristiche di estensione e di numerosità delle macchie che costituiscono il paesaggio, e gli indici di assetto strutturale o specifici, che rilevano i rapporti spaziali tra gli elementi che costituiscono il paesaggio, studiando principalmente il fenomeno dell’eterogeneità, che tende alla frammentazione nell’ecotopo urbano contemporaneo, attraverso il calcolo in modo particolare dell’indice di Dispersione – Giustapposizione e l’indice di Adiacenza.

Lo studio ha applicato anche la teoria dei grafi la quale rappresenta l’ecotopo sottoforma di punti (nodi) uniti tra loro da linee (legami), le quali a loro volta rappresentano le relazione funzionali tra questi stessi elementi (vedi fig.n.4). Utilizzare i grafi per la rappresentazione del paesaggio ha permesso principalmente di studiare il concetto della connettività del paesaggio cioè analizzare il paesaggio secondo il suo aspetto funzionale, e studiando così il livello della sua complessità (network complexity), la quale può essere rilevata specificamente con l’applicazione di due indici di ecologia del paesaggio: l’indice di circuitazione e l’indice di connessione (Forman & Godron, 1986).

Si sono costruiti per ogni livello temporale due grafi, corrispondenti uno al circuito interno e l’altro a quello esterno le mura cinquecentesche. Tale decisione è derivata dal ritenere fondamentale e vincolante la presenza dell’elemento “mura” tra le aree in questione.

 


Figura 4 - Esempio della rappresentazione del paesaggio del 1882 attraverso la metodologia dei grafi: paesaggio interno a sinistra e paesaggio esterno a destra

 

La metodologia applicata per la scelta e l’identificazione dei vertici e dei legami, corrispondenti alle diverse tipologie degli elementi dell’ecotopo studiato, ha visto l’utilizzo della matrice con cui è stata fatta la valutazione bionaturalistica del paesaggio studiato, distinguendo gli elementi tra vertice e legame secondo il valore assegnatogli affiancate da specifiche scelte sul campo (vedi tab. n.2).



Tabella 2 - La tabella dimostra come i vari elementi nei rispettivi grafi, sono rappresentati come vertice o come legame


Il risultato complessivo dell’applicazione dei vari indici al paesaggio estratto dall’intero e complesso ecotopo della città di Padova, ha dimostrato come dalla fine del Settecento ad oggi si sia verificata una netta diminuzione dell’area totale fruibile ai fini ecologici: nonostante un piccolo incremento alla fine dell’Ottocento, ormai la situazione è divenuta drammatica. Si osserva inoltre la diversa distribuzione delle tipologie di uso del suolo (macchie) e le loro estensioni diverse nell’area in questione, di come si siano fortemente modificate nei secoli arrivando da uno stato congruo con le esigenze militari e con un possibile sostentamento urbano, presente fino all’Ottocento inoltrato, ad un’attuale fase ecologicamente incoerente e disarticolata. Come si può osservare dal grafico rappresentante la variazione percentuale relativa dell’uso del suolo nei tre livelli temporali studiati (vedi grafico. n.1), alla fine del Settecento il territorio delle mura era adibito principalmente ad aree incolte, prato arborato e orto, uso intrinseco ancora alla fruizione militare di sussidio delle truppe e di resistenza ad un possibile assedio, già dopo un secolo aumenta notevolmente lo sfruttamento antropico del territorio.

 


Grafico 1 - Variazione relativa dell’indice di % LAND. Evidenzia il cambiamento nella composizione percentuale del paesaggio nei diversi livelli temporali


Si crea perciò una situazione positiva di incremento del numero delle tipologie di “verde” presenti che esprime così per l’ecotopo una condizione di eterogeneità ecologica interessante, vale a dire una più consistente varietà degli elementi paesaggistici e della ricchezza delle specie biologiche, dimostrando con ciò una qualità ambientale dell’area leggermente più alta rispetto al passato. Si osserva, infatti, la diminuzione delle aree incolte a vantaggio invece di più estese aree coltivate, vi è poi l’aggiunta di una nuova categoria di “verde”, il bosco a ceduo dolce che presuppone la presenza dell’uomo per il suo mantenimento e sfruttamento e, interessante, è poi l’aumento considerevole dell’area adibita a parco. Infatti, dall’Ottocento, nelle proprietà delle famiglie borghesi emergono giardini all’italiana dove potersi soffermare e trascorrere il tempo immersi nella natura e nell’arte. Questa situazione esprime il cambiamento delle condizioni sociali ed economiche della popolazione della città, ma anche, dal punto di vista ecologico, un aumento dell’eterogeneità ecosistemica in grado, pertanto, di sostenere una maggiore biodiversità.

Le condizioni del paesaggio sono invece notevolmente cambiate nel 2005. Infatti, alla scomparsa dell’elemento aratorio, malgrado lo sviluppo delle due nuove tipologie di “ verde ricreativo” e “verde d’arredo”, da non sottovalutare per la loro estensione, si rendono oggi evidenti le ridotte ed inefficienti condizioni delle aree verdi cittadine. Le aree incolte sono quasi completamente sparite, lasciando uno spazio del tutto frantumato al prato, al prato arborato e principalmente al giardino, la categoria, infatti, maggiormente presente nel paesaggio urbano attuale, però comprendendo in essa anche la grande e spezzettata area del verde privato che, se riveste un ruolo molto importante dal punto di vista urbanistico, è tuttavia poco significativa per l’aspetto ecologico della città. L’applicazione degli indici ecologici, e in particolare di quelli descrittivi riguardanti il numero di macchie, la loro densità e l’area media delle macchie, e di quelli di assetto strutturale (CONTAG e IJI) ha dimostrato un andamento dal passato al presente di aumento della dispersione delle macchie (frammentazione) a discapito della eterogeneità, vale a dire viene a mancare l’aggregazione delle stesse macchie del paesaggio in quanto queste si presentano ora più isolate mancando tra loro il contatto fisico, in modo particolare se confrontate con la situazione della fine Ottocento, la quale risultata complessivamente quella ecologicamente più funzionale (vedi grafico n.2 e n.3).

 


Grafico 2 - Variazione nel tempo del numero (a sinistra) e della densità delle macchie (a destra) a livello di paesaggio

 


Grafico 3 - Applicazione degli indici di Dispersione e Giustapposizione (JIJ) e dell’indice di Adiacenza (CONTAG)


L’applicazione degli indici di “connettività” è stato possibile grazie la realizzazione di grafi a rete, nei quali si è studiata la presenza di possibili legami tra le aree “verdi” in esame e la presenza o meno di circuiti nel paesaggio che permettano gli spostamenti e gli scambi tra specie. Tale analisi ha dimostrato, nel lungo tempo analizzato, una situazione ecologicamente molto preoccupante per il presente, infatti, il forte disturbo antropico, sempre più opprimente, rappresentato dalle numerose barriere stradali, dalle alte concentrazioni di inquinamento (polveri, rumore, asfalto, cementificazione, ecc), dalla lontananza spaziale delle macchie l’una dall’altra, separate da un traffico autoveicolare veloce e diuturno, da un’edificazione impenetrabile, e la sempre più limitata presenza di aree “verdi” aventi una valenza ecologica significativa, consentono attualmente alla biocenosi della città una possibilità minima di accostamento, attraversamento e circolazione nelle aree dell’anello verde circostante il sistema bastionato. Se infatti per la fasce temporali storiche del 1784 e 1882 la situazione della rete del paesaggio, distintamente per l’area interna ed esterna, si presentava come un circuito unico e unito, per il periodo contemporaneo si osserva una situazione molto compromessa, arrivando persino all’azzeramento nel caso dell’indice di circuitazione per il paesaggio all’interno il sistema bastionato (vedi grafico n.4).

 


Grafico 4 - Confronto nei tre livelli dell’indice di circuitazione (a sinistra) e dell’indice di connessione (a destra) per i grafi interni ed esterni. Si evidenzia l’azzeramento dell’indice di circuitazione nel grafo interno del 2005


I cambiamenti delle condizioni storiche - economiche e sociali di Padova e del suo territorio sono fondamentali per comprendere appieno le condizioni, e le rispettive motivazioni, che hanno portato alle trasformazioni avvenute in ambito più strettamente “naturale”, ovvero a carico della vegetazione delle aree verdi. Il dato storico mostra a livello di paesaggio un crescente aumento dell’eterogeneità dal 1784 al 1882, che però attualmente tende ad assumere il significato di frammentazione,infatti il numero degli elementi si mantiene costante, mentre aumenta il numero e la densità delle macchie, portando ad un’ulteriore diminuzione dell’aggregazione con quindi un aumento della dispersione degli elementi. La contiguità delle macchie oggi decresce notevolmente per tutte le tipologie degli elementi , aumentando infatti la mancanza di connessione in gran parte del tessuto urbano, specialmente nelle aree interne alle mura cinquecentesche.

La frammentazione, al contrario dell’eterogeneità, comporta un impoverimento della biodiversità, sia per le specie faunistiche, sia floristiche, le quali inoltre presentano una notevole difficoltà nello spostarsi all’interno dell’ecomosaico del paesaggio, per diminuzione e riduzione degli habitat, portandole così sempre più all’allontanamento da esso fino alla scomparsa dai luoghi abituali. A questa si aggiunga anche una difficile fruizione antropica del circuito murario, che risulta essere sempre più limitata, benché si possa constatare ora la presenza di tratti percorribili senza motori, come piste ciclo – pedonali, che risultano però spesso interrotte e prive di possibilità di collegamento coerenti con le aree limitrofe.

La necessità di incrementare la connettività di queste aree, dal punto di vista ecologico e di fruizione antropica, risulta essere molto importante per migliorare le difficili condizioni ecologiche in cui è ormai ridotta la città, cercando di ripristinare anche il valore storico – culturale del più vasto monumento della città.

A questo fine si è suggerita un’ipotesi progettuale di intervento ecologico per dimostrare la possibilità di aumentare la connettività dell’anello verde di Padova, si è così presa in considerazione un’area ristretta del sistema bastionato, corrispondente alla fascia di territorio che va dalle Porte Contarine fino al Ponte delle Gradelle, all’uscita dalla città del Canale Roncajette verso est (vedi figura n.5). Si è intervenuti col modificare leggermente l’uso del suolo delle aree attualmente presenti e col proporre il ripristino di alcune di quelle tipologie di verde presenti nel livello temporale della fine dell’Ottocento, già citato come periodo storico più soddisfacente dal punto di vista ecologico.

 


Figura 5 - Rappresentazione dell’ipotesi progettuale dell’Area lungo il Piovevo (Nord – est Padova)


Si è proposta perciò una continuità “verde” di siepi e percorsi cicli – pedonali (greenway), prendendo in considerazione anche la striscia golenale destra sottostante il lungo Piovego,
proponendo raccordi verdi con la sovrastante carreggiata e sostituendo parcheggi, superfetazioni e aree occupate abusivamente col ripristino del prato arborato, come alla fine del XIX secolo, affiancato dalla presenza di una area piantumata a bosco e orto, cosicché la condizione ambientale di quel tratto di Padova potrebbe risollevarsi notevolmente. Tutto questo è stato possibile constatarlo applicando all’area, così modificata, l’indice di connettività e verificandone il suo incremento, ciò è supportato anche da una maggiore possibilità di attraversamento antropico della stessa, che permetterebbe in tal modo la riscoperta di tratti e visioni della città oggi sconosciute, si confrontino a tal fine le vedute di Padova del Canaletto, scenari che purtroppo attualmente sono difficilmente rintracciabili o caratterizzati da condizioni di forte degrado.

Queste proposte si inseriscono così fiduciosamente nell’ambizioso disegno della realizzazione di un «Parco delle Mura e delle Acque» a Padova, quale contributo all’atteso decollo di tutti quei progetti e quelle iniziative che possano informare, interessare e rendere attivamente partecipe anche il singolo cittadino alla promozione di una migliore qualità della vita, sua e della sua città, incrementando così la salute della nostra comunità. Anche per Padova, infatti, in questi anni si fa sempre più attuale il contributo ad operare concretamente in numerose proposte, nonché nell’applicazione di regolamenti, non solo comunali e provinciali, ma ancor più regionali, e che coinvolgono in una visione più allargata, la realtà italiana, anch’essa facente parte poi di quella europea. A questo si può ricondurre la nascita dell’Agenda 21 Locale, come «quel processo per promuovere lo sviluppo sostenibile, per la cui attuazione si necessitano di tutte le capacità e gli strumenti di cui possono disporre l’autorità locale e la sua collettività» (Gruppo di esperti della Divisione Generale XI dell’Unione Europea). Il progetto PadovA21 si inserisce così in questo contesto proponendo obiettivi e azioni concrete da avviare al fine di raggiungere l'obiettivo di rendere sostenibile, migliorando la qualità della vita e la qualità dell'ambiente urbano, la nostra città nel corso dei prossimi dieci anni. Per Padova è stato istituito il Forum di Agenda 21 Locale che presenta i quattro gruppi tematici: «Città Solidale e Sicura», «Mobilità Sostenibile», «Consumi Respnsabili e Stili di Vita» e quello in particolare di nostro interesse di «Gestione delle Risorse Ambientali Sistema del Verde e Servizi», che con i suoi svariati obiettivi, propone di affrontare la difficile condizione ecologica della città. Emergono così alcune attuali problematiche, quali la richiesta di un aumento degli spazi verdi cittadini, la necessità di considerare la condizione e la presenza della fauna e della flora nell' ecomosaico urbano, senza tralasciare le numerose problematiche connesse alle acque cittadine. Diventa così importante credere, pensare e agire di conseguenza, trasferendo nella pianificazione territoriale la questione della sostenibilità e della qualità delle aree urbane, del tutto funzionale al disegno ed agli obiettivi proposti per una rete ecologica, concepita non come un «oggetto che si ferma al limite della città», bensì come «oggetto che penetra nella città», che «nella città» stessa trova spazi e funzioni e che «per la città» fornisca obiettivi e spazi di azione utili a definire qualità e sostenibilità. La città di Padova, come alcune altre città italiane con un sistema urbanistico storicizzatosi in modo simile (Verona, Lucca, Palmanova, etc.), potrebbe crescere anche in questa nuova prospettiva ecologica, affinché il suo «anello verde» non rimanga chiuso asfitticamente intorno ad essa, ma diventi sottoinsieme e parte integrante di quel macro sistema, che, grazie alla cooperazione di più soggetti, potrebbe agire tra le province contermini, e finanche con i sistemi ecologici italiani ed europei, definendosi così come elemento forte di governo del territorio.

 


Figura 6 - Vedute attuali lungo l’area di studio: il Tronco Comune all’entrata in città a sud (a sinistra) e il Bastione Savonarola (a destra)