Le origini del castello di Padova



Il castello di Padova come oggi lo conosciamo o meglio, per quanto lo andiamo riscoprendo sotto le trasformazioni subite nel corso dei secoli, è sostanzialmente il castello carrarese trecentesco, e più precisamente quello di Francesco il Vecchio da Carrara.
 Sappiamo pure che i Da Carrara non lo edificarono ex-novo, ma modificarono, ingrandirono e abbellirono una struttura preesistente, il castello di Ezzelino da Romano, costruito intorno al 1242. La cui consistenza, a parte la presenza di due torri, e a parte i pochi resti della porta occidentale individuati di recente, ci è sostanzialmente ignota.

castello-ridotto Cerato lato sud

Meno noto è il fatto che già prima della venuta di Ezzelino esisteva in quello stesso luogo una struttura fortificata, diciamo pure un castello, formato essenzialmente da un piccolo ma solido recinto, posto a protezione di una alta e solida torre, forse di poco precedente e ancora oggi esistente, pur se più volte ricostruita. Si tratta della Torlonga, successivamente inglobata nel castello di Ezzelino e in quello carrarese e infine trasformata in specola astronomica.
Il recinto è stato definitivamente riconosciuto nel corso dei recenti lavori di restauro sul lato occidentale della struttura, preceduti da attente, anche se ancora incomplete, indagini archeologiche [1]. (E' indicato in verde nella pianta qui a destra, elaborata dall'archeologo Stefano Tuzzato).

E’ costituito, per i lati occidentale e meridionale, da due brevi tratti di muro che si agganciano alla Torlonga e, pur avendo lo stesso spessore (tre metri) delle mura comunali, che costituiscono i lati ovest e sud del  recinto del castello carrarese, non sono stati edificati in continuità con esse e ne differiscono anche per le tecniche costruttive: le mura comunali sono state edificate in una fase successiva e si appoggiano ai due brevi tratti di muro, che sono dunque preesistenti, formando con essi un leggero angolo che altrimenti non avrebbe giustificazione. 
Gli altri due lati del recinto, sempre di tre metri di spessore, sono oggi intuibili, più che visibili, nel volume dello scalone realizzato da Domenico Cerato per accedere all’osservatorio, scalone ricavato dunque nello spessore del muro.
Non molto di più si può dire su questa struttura, neppure dove fosse collocato l’ingresso, che si può solo supporre fosse a nord o ad est, unici lati non lambiti da canali.


innesto mura comunali innesto mura comunali pianta Cerato


E’ invece ormai certo che la torre, attorno alla quale è costruito il recinto, è effettivamente quella turlonga di cui si fa cenno per la prima volta in un documento del 1062, ricostruita più volte, ma sempre sulle rovine della precedente, e che della struttura originaria conserva ancora oggi qualche metro di alzato. Essendo il recinto, secondo gli archeologi, coevo o di poco successivo alla torre, il piccolo castello viene datato perlomeno all’XI secolo.

torlongaRisalendo ancora nel tempo, già alla metà del secolo precedente si parla, in  diversi documenti, di un castro patavino, di inter ambi castelli, e poi de castro de domo, etiam de castro Padensi [2]. Due castelli dunque: se l’uno è evidentemente il castello vescovile, è possibile che l’altro fosse proprio dove ancora si trova oggi, e sicuramente dall'XI secolo, il castello. Se così fosse, e quale ne fosse eventualmente la consistenza, non è per il momento possibile sapere, e neppure immaginare, senza il supporto di indagini archeologiche ancora tutte da effettuare.

G.Valle, area del castello

Oltre, nel nostro percorso all’indietro nel tempo, non possiamo andare. E’ ormai quasi certo però che l’area dove poi sarebbe sorto l’attuale castello, posta nel punto in cui il Bacchiglione si suddivide in due rami che vanno a circondare l’intera città formando la cosiddetta insula, costituisce un punto forte fin da tempi remoti. Lo confermerebbero i recenti saggi archeologici compiuti all’esterno del lato occidentale del recinto della Torlonga, che hanno permesso di ritrovare importanti tracce di un muro romano in grossi blocchi di pietra analogo ai tratti già scoperti da tempo in più punti del perimetro dell’insula fluviale e pure di un muro altomedievale di un metro e mezzo di spessore, entrambi disposti in direzione nord-sud (indicati rispettivamente in rosso e in arancione nella piantina in alto).
Consistenza e funzione di quest’ultimo muro, di cui è stato intercettato un tratto troppo breve per trarne conclusioni univoche (una precedente torre? un tratto di cinta difensiva di epoca bizantina?) potranno forse essere chiarite da ulteriori indagini archeologiche, ma soprattutto occorrerà capire se il muro romano piegasse qui verso est, come più tardi la cinta comunale, oppure proseguisse verso sud fino al canale dell’Olmo (o delle Acquette).
Nel primo caso si avrebbe la conferma che il corso d’acqua oggi noto come Naviglio interno (riviera Tiso da Camposampiero), comunemente ritenuto artificiale e di epoca imprecisata ma relativamente tarda, sarebbe invece assai più antico e forse di origine naturale; e la presenza del nodo fluviale confermerebbe l’importanza del luogo per la difesa della città già in antico. Nel secondo caso, se cioè le mura proseguissero verso sud, si dovrebbe invece supporre una concomitanza di tempi fra lo scavo del canale e la costruzione della turlonga, oppure trovare una eventuale diversa ragione per la scelta di questo luogo, anziché l’incile del canale dell’Olmo, per la costruzione della torre e successivamente del castello.

Ugo Fadini, 2010

 

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[1] I risultati delle ricerche archeologiche sul castello di Padova sono riassunti in S. Tuzzato, Il Castello di Padova fino ai Carraresi e le nuove ricerche (1994-2004), in I Luoghi dei Carraresi, a cura di Davide Banzato e Francesca d’Arcais, Canova Edizioni, Treviso, novembre 2006, pp. 72-79. torna alla lettura

[2] Il dettaglio dei documenti citati è nelle note da 2 a 5 del saggio Il castello carrarese di Adriano Verdi, presente in questo sito, alle quali rimando. torna alla lettura